Il cappotto doppiopetto appoggiato sulle spalle, la cartella, il sorriso mite, la disponibilità totale nei confronti dei suoi studenti. Aldo Moro professore universitario è un padre, un mentore che si fa domande e ascolta. «Voi ragazzi siete al centro della storia ed è da questo grande desiderio di cambiamento che può nascere l’idea di una nuova umanità» dice Sergio Castellitto che lo interpreta nella docufiction Aldo Moro- Il professore «il problema non può essere solo sociale ma spirituale. Nei politici dobbiamo capire ancora molte cose e accompagnare il vostro desiderio di cambiamento. Niente di ciò che è umano ci può essere estraneo, tanto meno voi». Presentato all’Università La Sapienza di Roma, «il film» dice il direttore generale della Rai Mario Orfeo « farà conoscere aspetti inediti dello statista. Mai come adesso si sente la mancanza di una figura come Moro e della sua visione». Sarà una serata di servizio pubblico (dopo il documentario Il condannato di Ezio Mauro trasmesso su Rai 3), quella dell’ 8 maggio per ricordare Moro a 40 anni dalla morte.
Rai 1  affida a due grandi attori l’omaggio allo statista ucciso dalle Brigate rosse il 9 maggio 1978. Alle 20.30 ci sarà l’orazione civile di Luca Zingaretti con i brani del libro di Stefano Massini 55 giorni-L’Italia senza Moro. Da via Caetani a Roma, dove il corpo di Moro fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4, Zingaretti inquadrerà il contesto storico e sociale. A  seguire, alle 21.25, Castellitto lo farà rivivere nel ruolo che forse più amava, quello di docente, un professore speciale. Moro verrà raccontato da quattro suoi ex studenti di Scienze politiche (Giorgio Balzoni, autore del libro che ha ispirato il film, Valter Mainetti, Fiammetta Rossi. Giuliana Duchini), la realtà s’intreccia così con la finzione: nella docufiction sono i giovani con cui dialoga. Lezioni appassionanti in un clima difficile, sempre più conflittuale. Colpisce la sua umanità. Nella villetta di Terracina prepara il pranzo per il maresciallo Leonardi e i ragazzi che sono andati a trovarlo.  Spiega una studentessa: «Ti garantisco che nella nostra democrazia non esiste la stanza dei bottoni come sostiene Nenni», e ancora: «La nostra è una democrazia imperfetta». «Quando parlava Moro parlava la Storia, quando parlavano altri politici facevano cronaca» dice Mainetti . «Quando hanno rapito Moro» racconta Castellitto «ero studente del Centro sperimentale, e stavo per entrare a teatro. Fu uno choc. Solo dopo ho capito che quel giorno di 40 anni fa hanno rubato la giovinezza a me e a un’intera generazione. Interpretarlo è stato un onore. Quando vedo certe figure di ex brigatisti parlare mi chiedo perché non si raccolgano in un silenzio dignitoso». Come si è avvicinato allo statista? «L’ho studiato e ristudiato. Durante la campagna elettorale» continua l’attore «ho fatto un’ esperienza entusiasmante riguardando lui e Berlinguer, una generazione irripetibile. Pur nelle contraddizioni e negli errori si sono fatti carico di una visione del mondo. Il confronto con i politici di oggi è impietoso. La mitezza di Moro è la personificazione dell’autorevolezza, mi ha emozionato restituirei suoi gesti. Il regista Francesco Micciché con sensibilità ha intrecciato le testimonianze al film. E’ uno dei momenti in cui la Rai dà senso a una delle sue funzioni preminenti: costruire la memoria di questo paese».