Intervista per Casa24 Plus di Evelina Marchesini

Inizio d’anno scoppiettante con nuove acquisizioni e un nuovo comparto di fondi immobiliari per Sorgente Group, realtà immobiliare famosa tanto in Italia quanto a New York. Casa24 Plus anticipa le nuove operazioni e le prossime strategie in questa intervista all’a.d. Valter Mainetti.

Cento milioni di euro da investire nelle energie pulite. È una nuova strategia professore?

Sì, Sorgente Group lancia un corposo programma di investimenti nel fotovoltaico, per circa 25 MWp, per un controvalore di circa 100 milioni di euro. Il primo prodotto messo a punto è il fondo speculativo riservato Tiziano-comparto Venere, unicamente specializzato nel settore dell’energia solare.

Le prime due acquisizioni riguardano impianti per 4 MWp ma entro la fine del mese verranno finalizzate acquisizioni per altri 6 MWp, con equity già raccolta. Siamo soddisfatti, anche se il decollo, bisogna dirlo, è stato lungo. Eravamo partiti con molto entusiasmo poi gli aggiustamenti normativi hanno fatto diminuire, da parte degli investitori, l’interesse a proseguire in linea massiccia: i nostri sono investitori stranieri e sono rimasti spiazzati dal modo in cui la normativa è cambiata da un giorno all’altro. Però il fondo è partito e proseguirà la propria strategia.

Ma come si riconduce all’investimento immobiliare vero e proprio?

Perchè il sottostante di asset è immobiliare e il flusso di redditi è paragonabile a quello da locazione. Si tratta di un terreno su cui ci sono i pannelli che producono energia, in questo senso rientra nel real estate.

Quali sono i vostri obiettivi strategici di espansione in questo complicato 2012?

Il nostro patrimonio è di oltre 4,5 miliardi di dollari di cui 4,3 miliardi di equity e, con la leva massima consentita, potremo raggiungere nel 2014 un totale di attività gestite di 10,2 miliardi di dollari, più o meno 7,6 miliardi di euro. Nell’immediato, entro la primavera contiamo di investire circa 300 milioni di euro di liquidità già raccolta e, per il momento, abbiamo iniziato l’anno investendo 80 milioni in due alberghi di pregio. A Roma in via Palermo, una struttura che dopo una ristrutturazione che durerà un anno sarà un 4 stelle di 100 stanze gestito da Alpitour. E poi a Bari il Grande albergo delle nazioni, appena ristrutturato, un 5 stelle gestito dal Gruppo Boscolo, edificio del 1930 dichiarato di interesse storico. In un’ottica più strategica, seguiamo poi con grande attenzione la dismissione del patrimonio pubblico e le Casse di previdenza, che investiranno in immobili attraverso i fondi e lanceranno delle gare per preparare dei veicoli ad hoc.

In che aree vi concentrate?

Nell’immediato su Roma, Milano e Torino. Ma anche oltreconfine.

Dove all’estero?

Abbiamo già una presenza a Londra, oltre che a New York dove ormai siamo consolidati, e abbiamo intenzione di rafforzare questa presenza nel Regno Unito con l’obiettivo di catalizzare l’interesse degli investitori esteri non solo per i nostri fondi italiani ma anche per i nostri fondi lussemburghesi e americani.

Con che leva operate in media?

Tra il 50 e il 60%.

E manterrete questo livello?

Sì, più verso il 50 che il 60%.

Ma voi trovate disponibilità al credito da parte delle banche?

Non abbiamo difficoltà. Forse siamo un’anomalia in positivo…

Voi avete un’esperienza consolidata sia negli Stati Uniti, sia in Italia. Possiamo fare un raffronto tra i due mercati?

Per gli Stati Uniti va precisato che noi ci concentriamo su Manhattan a New York e i rendimenti immobiliari sono tra il 4,5% e il 5% netto. Noi investiamo solo su “trophy asset”, immobili di grande prestigio, importanti e molto belli, come il nostro Flat Iron, che è un simbolo ormai della Grande Mela. In Italia cerchiamo immobili particolari nei centri storici, con rendimenti tra il 5,5% e il 6% lordo.

Investite anche nel settore residenziale, oltre che negli uffici?

A New York abbiamo due linee di intervento. Una è quella degli immobili a uso uffici, come ilFlatiron o come il Chrysler Building, che abbiamo posseduto o come altri che stiamo cercando. L’altra linea è quella di comprare immobili più piccoli, in zone tipo Soho o quartieri alla moda, massimo di 4 o 5 piani, che ristrutturiamo e poi vendiamo come abitazioni, mantenendo come nostro patrimonio i negozi sottostanti gli appartamenti. In Italia, oltre agli uffici, compriamo immobili a uso commerciale ma non centri retail: un esempio è la Galleria Colonna a Roma, oppure come la Galleria San Federico a Torino, che in effetti stiamo valutando.

Secondo lei qual è oggi il miglior mercato mondiale?

Sicuramente gli emergenti, come il Brasile o la Cina, ma sono mercati che noi non conosciamo. Ma devo dire che noi ci troviamo bene sia negli Stati Uniti, sia in Italia, sia a Londra, dove stiamo vagliando alcune operazioni.

Come giudica la Manovra dal punto di vista degli impatti sul settore immobiliare?
L’Ici, o il suo equivalente, c’è dappertutto. Certo non aiuta il mercato delle abitazioni medie, per intenderci quello in cui la famiglia non compra senza mutuo e che già ora soffre parecchio proprio per la mancanza di credito. Non credo che invece abbia un impatto sensibile sugli investitori istituzionali.

Cosa devono offrire le dismissioni pubbliche per avere successo?

La certezza nell’ottenimento delle concessioni necessarie al restauro e al posizionamento. Si tratta di immobili che devono essere rimessi a posto e la cui destinazione d’uso va cambiata. Finora i tentativi non hanno avuto grandi esiti proprio per questo tipo di incertezze, che tiene alla larga quelli i veri grandi investitori, soprattutto internazionali. Mi sembra però che, con l’articolo 33 della Manovra, siamo perlomeno sulla buona strada.

E quali tipi di immobili pubblici voi guardereste con maggiore interesse?

Dire le caserme adesso è diventato fin troppo di moda: ovviamente sono, in molti casi, immobili centrali e molto belli e quindi attirano un po’ tutti. Ma il patrimonio pubblico è talmente vasto…Per esempio non vanno sottovalutati i porti, i litorali. Credo che le Sgr italiane dovranno uscire dallo schema classico, in cui si cerca l’immobile affittato. Bisogna essere un po’ innovativi e attrezzarsi.

La patrimoniale sulle case detenute all’estero dagli italiani avrà un impatto sulla vostra attività?

Ecco, su questo aspetto sono perplesso, perchè in tutto il mondo le tasse sul patrimonio si pagano nel Paese in cui si è investito e questa doppia tassazione è punitiva e va contro il principio della bilateralità. Se il principio è che si deve sopportare, va bene, ma da qui a dire che ha un senso ne passa di differenza. Speriamo solo che sia una punizione momentanea. E spero davvero che questo riguardi solo le case dei privati, non certo gli investimenti di un fondo.

Mi risulta che siate interessati alla Torre Velasca di Milano, della famiglia Ligresti. La comprate?
Non riusciamo a metterci d’accordo sul prezzo. Altrimenti la compreremmo. L’immobile richiede degli interventi, che devono essere tenuti in conto nel valore di cessione.

Qual è dunque il valore giusto?

Per me è 90 milioni.

C’è un immobile-simbolo di New York che lei vorrebbe comprare?

Sì, ci piacerebbe una partecipazione nell’Empire State Building, la totalità è impossibile perchè è un immobile che vale tra i 2 e i 2,5 miliardi di dollari. E anche una nel Woolworth Building (uno dei più vecchi grattacieli di Manhattan, del 1910, e dal 1966 monumento cittadino, ndr).

Ma l’Empire non sta per essere quotato in Borsa?
Sì, lo vorrebbero inserire in una società da quotare insieme ad altri immobili, ma noi stiamo trattando una partecipazione diretta. Vedremo se sarà possibile.

Come vede il mercato italiano da qui al 2015?
Penso che ci sarà una contrazione immediata, ma poi il mercato si stabilizzerà. Per il futuro sono ottimista, l’immobiliare ha passato momenti ben peggiori.

Ha un sogno nel cassetto?
Continuare a comprare immobili bellissimi.